Cosa fare per addormentare un neonato? Che cosa bisogna sapere per non farsi trovare impreparati al rientro a casa dall’ospedale? Uno degli incubi più ricorrenti di ogni neogenitore è quello di stare sveglio nel cuore della notte a vagare per casa con il bebè tra le braccia, insonne.
Avendo delle conoscenze essenziali sulla fisiologia e sul sonno dei bambini appena nati, per mamme e papà sarà più semplice capire come educare al sonno il proprio piccolo. Ne abbiamo parlato con Daniela Callegari, pediatra del Santagostino.
Occorre fare una doverosa premessa: anzitutto, quando parliamo di neonato ci riferiamo ai primi 3 mesi di vita del bambino. Si tratta di un periodo in cui il piccolo deve fare un lavoro di adattamento neurologico straordinario alle esigenze della vita in cui si è venuto a trovare dopo il parto. Nel periodo fetale, infatti, tutte le funzioni dell’organismo vanno in automatico e sono ridotte al minimo, perché il corpo della madre provvede a tutto.
Il cervello è l’unico organo che alla nascita è incompleto e plastico: questo permette al neonato in ogni parte del mondo di sviluppare un buon adattamento all’ambiente e alla cultura del luogo in cui viene al mondo. I genitori dovrebbero avere queste informazioni per capire come comportarsi.
Deve anche essere chiaro ai genitori che per un bambino lo stare bene, nel periodo neonatale, è legato al concetto di equilibrio. La calma piatta è la situazione di equilibrio ideale per il neonato.
Per noi, tutto il lavoro che i nostri organi fanno dopo aver mangiato è automatico, non ce ne accorgiamo neanche. Per un bebè, nutrirsi al seno, fare il ruttino e digerire è un vero e proprio lavoro. Questi sforzi che il piccolo compie devono essere compresi dai genitori per potergli dare buone abitudini, nel nostro caso proprio relative al sonno.
Un ritmo cadenzato degli eventi della giornata (dormire – mangiare – passeggiata – bagnetto – nanna) fin dalle prime settimane di vita rende più facile l’apprendimento. Se ogni giorno accadono le stesse cose, un neonato riesce ad apprenderle (e quindi anche a dormire bene): se ogni giorno cambia, diventa più difficile.
Questo riguarda in primo luogo l’adattamento all’allattamento, ma conseguentemente anche l’apprendimento di ritmi sonno-veglia.
Il bisogno di riposo varia da neonato a neonato: di media nelle prime settimane i piccoli dormono dalle 16 alle 20 ore. A tre mesi, la media si assesta sulle 16 ore al giorno.
Posto che non esiste il neonato ‘medio’, solitamente nelle prime 2 o 3 settimane dalla nascita mamma e bambino sono in un momento di con-fusione (l’uso di questo termine è voluto, sta a ricordare che nel periodo della gestazione c’è una fusione completa), di rodaggio. La centralità di questo periodo è l’alimentazione.
Generalmente dopo le prime 3 settimane di vita l’allattamento è ben avviato e quindi verso la fine del primo mese tutti i neonati dovrebbero alimentarsi circa ogni 3 ore. Tra una mangiata e l’altra, devono recuperare le forze. Inizialmente il tempo sarà maggiormente occupato dal sonnecchiare, progressivamente verso i 3 mesi si attiveranno i sensi, il bambino sarà più attento a suoni e rumori e starà più sveglio.
Il sonno è regolato dalla melatonina, un ormone che viene prodotto dalla ghiandola pineale del cervello. Nella sua vita fetale il neonato riceve melatonina ma non ne produce di propria perché questa parte al momento della nascita. Lo stimolo alla produzione è legato all’alternanza luce/buio.
Il ciclo circadiano, quello che regola le nostre attività diurne e notturne, è costituito dall’alternanza di due ormoni:
I bambini non nascono con il ciclo attivo: l’inizio della produzione di melatonina arriva con l’alternanza luce/buio.
Per capire come addormentare un neonato vanno compresi anche questi concetti. Quindi, anche durante il giorno non va creata una situazione di buio completo, per aiutare il bambino a capire la differenza tra notte e giorno e favorire il ritmo circadiano. Da parte del genitore ci deve essere una vera educazione al sonno. Il bisogno di dormire è istintivo ma instaurare abitudini corrette è un apprendimento: ci deve essere qualcuno che lo insegna.
Per capire come addormentare un neonato è importante anche sapere gli stadi del suo riposo. Generalmente si individuano 5 stadi:
Se abbiamo detto che educare al sonno è un compito e non un apprendimento spontaneo, lo stesso vale per il luogo in cui si dorme nelle diverse culture: per un bambino africano sarà sulla schiena, da noi in occidente sarà nel lettino. Lo stimolo è fisiologico, il modo e il luogo è tutto da imparare.
Educare al sonno vuol dire creare per il neonato delle abitudini costanti rispetto al luogo dove farlo dormire e dei rituali di passaggio dalla veglia al sonno. Le domande che i genitori devono farsi quindi sono le seguenti:
Nel letto dei genitori no, perché si accumula troppo calore e si crea una delle condizioni di maggiore rischio di Sids. All’inizio, dato che avrà nostalgia della sensazione di avvolgimento che aveva nell’utero materno, servirà uno spazio contenuto. Verso il secondo e terzo mese dovrà allungare gambe e braccia, gli servirà un posto suo dedicato: quello sarà il suo lettino, il suo luogo prediletto per rilassarsi.
È bene dire che più semplici sono i rituali, più facile sarà il loro apprendimento e più il bimbo sarà autonomo rispetto ad abitudini troppo complesse. Per costruire i rituali e aiutare il bimbo a prendere sonno, il criterio da adottare è quello della sottrazione, ovvero dare meno stimoli possibile.
Ad esempio, cantare una ninna nanna nell’orecchio e cullare il bambino non lo rilassa ma anzi lo eccita. Ogni genitore può trovare la sua tecnica per il momento della nanna: carezze sul volto e sugli occhi, parlare con un tono di voce basso rarefacendo pian piano le parole. L’importante è non stimolarlo troppo o sovraccaricarlo di troppi input.
Fin dal primo giorno di vita del neonato, la conoscenza che dobbiamo trasmettere è che la fonte della nutrizione è il seno, ma che questo non è anche la sorgente della consolazione. Il bambino impara quello che noi gli mostriamo della realtà.
Quindi il messaggio deve essere questo: il cibo arriva dalla mamma, se hai bisogno di conforto la mamma c’è, con carezze, abbracci, coccole e la fascia. Se hai bisogno di ulteriore consolazione non c’è il seno ma c’è il tuo ditino o il ciuccio, che non va demonizzato.
Questo processo di educazione dovrebbe portare il neonato a imparare ad avere un sonno prolungato dalla mezzanotte in poi per 4 o 5 ore. Questo può già accadere ad 1 mese e mezzo o 2. L’importante è che il genitore abbia in mente questo traguardo, poi ogni bambino lo raggiungerà a seconda della sua indole.
Questo ritmo apporta numerosi benefici: il riposo lungo di notte blocca l’apparato digerente e urinario che la notte non si attiva; si avrà un incremento di produzione dell’ormone GH (quello della crescita) e della melatonina: il bambino starà quindi più sveglio di giorno perché ha dormito meglio la notte.
Dormire in braccio è un atto naturale per il bambino: le braccia dei genitori gli ricordano la pancia della mamma e il bambino ha istintivamente bisogno di un ambiente caldo e raccolto. Molto spesso, culla e lettino sono troppo ampi per lui, e la sensazione di sentirsi poco protetto e isolato non favorirà il sonno.
Dunque un bambino che si addormenta solo in braccio non sta facendo i capricci, è solo alla ricerca di un luogo sicuro e protetto per riposare in tranquillità, senza ansie e paure.
Il primo passo per far smettere il bambino di dormire solo in braccio è iniziare a modificare lentamente la routine dell’addormentamento. Metterlo nel lettino quando è quasi addormentato, mantenendo il contatto fisico, accarezzandolo e parlandogli, lo farà abituare gradualmente a dormire da solo, e soprattutto eviterà che si senta smarrito e spaventato quando si troverà improvvisamente solo al risveglio. Un’altra soluzione può essere quella di utilizzare il sacco-nanna: la sensazione di avvolgimento e contenimento simili a quelle provate nell’utero materno, lo aiuterà a essere più sereno.
Anzitutto si deve verificare se il bambino è in buona salute e se la sua giornata alimentare è ben strutturata e saziante. Si deve poi aiutare il genitore a capire se sta dando le abitudini corrette al suo bambino, e dove può intervenire.
Facciamo un esempio di routine: nel secondo mese di vita la durata delle poppate potrebbe ridursi a un tempo di circa mezz’ora: poi il piccolo deve digerire. Espletate queste funzioni, può essere preso in braccio o messo sulla sdraietta a giocare. Quando iniziano i primi movimenti di agitazione, significa che è terminato il benessere della poppata: lo possiamo quindi cambiare e mettere nella culla per farlo addormentare.
Andrà fatto tutto con movimenti lenti e non bruschi e parlandogli dolcemente. Se il piccolo al contatto con le lenzuola fredde inizia a lamentarsi, non bisogna prenderlo in braccio subito, perché così gli stiamo dando un altro stimolo e lo stiamo confondendo. Non significa che va lasciato abbandonato da solo, naturalmente. Possiamo, ad esempio, mettergli una mano sulla pancia e tranquillizzarlo con la nostra voce: potrà così addormentarsi da solo.
Alcuni consigli pratici possono rivelarsi utili in caso il neonato sia particolarmente agitato: